Il Veneto approva la legge sulle Comunità Energetiche Rinnovabili
Gli obiettivi di decarbonizzazione del sistema energetico sono stati tracciati a livello europeo in diversi documenti come il Green Deal, il patto europeo sul clima, il pacchetto Fit for 55, il programma REPowerEU e in varie direttive. Nonostante la direzione da prendere sia ormai chiara, la realizzazione delle ambizioni di neutralità carbonica e climatica passano per l’impegno e le capacità delle realtà locali, che devono trovare i modi per adeguarle alle comunità territoriali di riferimento.
Martedì 28 giugno il consiglio regionale del Veneto ha approvato all’unanimità, mettendo d’accordo maggioranza e opposizione, una legge che riconosce e promuove le comunità energetiche rinnovabili.
Secondo Arturo Lorenzoni, co-relatore della proposta e professore di economia dell’energia al Centro Levi Cases dell’università di Padova, “il Veneto è ora la regione con la legge più avanzata sul tema e sarà in grado di dotare Comuni, enti e imprese di strumenti adatti a combattere la povertà energetica, mantenendo i costi dell’energia bassi e fissi per i cittadini, che potranno autoprodursi l’energia che consumano”.
Le comunità energetiche rappresentano una vera e propria rivoluzione culturale nei modi in cui viene prodotta e consumata l’energia. “Non ha più senso oggi parlare di grandi progetti energetici, perché non ci sono più gli elementi di base per realizzarli, ovvero le economie di scala” fa notare Lorenzoni.
Solo nelle grandi economie ancora in crescita, come Cina e India, si progettano grandi centrali per far fronte a una crescita di domanda energetica nell’ordine del 10% annuo. Nei sistemi economici maturi come il nostro invece la domanda di energia o si è stabilizzata, da oltre un decennio, o addirittura è in contrazione. “Per questo si orientano gli investimenti verso progetti di più piccola dimensione, che hanno la capacità di integrarsi nelle economie locali, che sono validi da un punto di vista ambientale e sociale, e ora anche economico, perché l’energia così prodotta oggi costa meno rispetto a quella dei grandi impianti”.
Le comunità di energia rinnovabile sono un esempio di quella che Lorenzoni definisce ingegneria sociale, ovvero una nuova modalità di realizzazione di impianti distribuiti sul territorio che coinvolge cittadini, amministrazioni locali, enti e imprese che diventano protagonisti di una trasformazione non solo energetica, ma in buona misura anche culturale.
“A lungo i distributori di energia hanno ostacolato questo modello perché vedevano minacciato il proprio monopolio locale nell’attività di distribuzione” commenta Lorenzoni. “Ma quando ci si è resi conto dei vantaggi, ambientali, sociali ed economici dell’integrazione della produzione e del consumo di energia, grazie anche alle nuove tecnologie digitali, è diventato impossibile fare barriera nei confronti di questa innovazione”.
Con il decreto legge 162 del 2019 prima e con il decreto ministeriale del 16 settembre 2020 poi, che recepisce la Direttiva Europea 2018/2001, è stata riconosciuta nell’ordinamento italiano la possibilità di organizzare la fornitura di energia tramite le comunità energetiche. Pur in assenza di importanti decreti attuativi, è stato consentito di rendere concreta questa possibilità a livello regionale.
La legge appena approvata dalla Regione Veneto esordisce al comma 1 dell’articolo 1 con parole, secondo Lorenzoni, che indirizzeranno tutte le scelte successive dell’amministrazione: “La Regione del Veneto persegue la transizione energetica del sistema socio economico regionale”. Tuttavia, l’obiettivo resta generico, a differenza di quanto viene espresso ad esempio in una legge analoga della Regione Lombardia, che parla di neutralità carbonica al 2050.
Il comma 3 dell’articolo 1 riconosce le comunità di energia rinnovabile come “pilastro di un sistema energetico resiliente e mutualistico, nuovo nucleo di sostenibilità energetica locale”. Negli anni ‘50 erano stati i grandi gruppi termoelettrici a rendersi perni energetici dell’industrializzazione. Oggi un ruolo analogo spetta alle comunità energetiche. “La decarbonizzazione fatta in modo intelligente può diventare un’occasione dal punto di vista economico e le comunità sono in grado di interpretare il nuovo ruolo dei consumatori come soggetti attivi nel mercato dell’energia” spiega Lorenzoni. “E possono creare reddito su tutti i nostri territori, anche nelle aree più periferiche della nostra Regione”.
L’articolo 3 del comma 2 prevede lo stanziamento di 250.000 euro l’anno (per il 2023 e il 2024) a sostegno, in varie forme (tra cui anche quella formativa), dello sviluppo del settore. “I fondi aiutano, ma non sono determinanti” sostiene Lorenzoni. “Con i prezzi attualmente vigenti per il mercato di tutela per i consumatori domestici, il tempo di ritorno dell’investimento di una comunità energetica è inferiore ai tre anni. Ci auguriamo tutti di non dover sostenere prezzi dell’energia così alti ancora a lungo, ma oggi c’è una fortissima convenienza economica”.
L’articolo 3 prevede anche l’assegnazione dei fondi sia a favore dei Comuni sia a favore dei gestori dell’edilizia residenziale pubblica (ATER – Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale). “Questo fa sì che i comuni e le ATER possano essere il lievito che alimenta le comunità, mettendo l’energia prodotta a disposizione delle famiglie negli alloggi ATER. Così consentiamo agli inquilini di questi edifici di ridurre il costo di alimentazione elettrica: questo consente di affrontare il tema della povertà energetica in modo intelligente e credo consentirà di diffondere rapidamente le comunità di energia rinnovabile”.
A differenza di quanto fatto dalla Regione Lombardia, che ha costituito la società Comunità di Energia Rinnovabile Lombarde (CERL), è stato evitato un ruolo diretto della Regione Veneto. “E ritengo a ragion veduta”, commenta Lorenzoni. “perché il nostro ruolo è quello di stimolare l’iniziativa imprenditoriale, non diventare attori diretti. Possiamo invece essere promotori delle ATER, coordinatori delle iniziative dei Comuni, interlocutori dei soggetti istituzionali che sono chiamati ad approvare il percorso autorizzativo”.
Il comma 3 dello stesso articolo prevede che la Giunta entro 90 giorni individui i criteri per il sostegno alle comunità di energia rinnovabile e vengono indicati i fattori di priorità dei bandi: uno di questi è proprio la risposta alla povertà energetica.
Oltre alle famiglie, le comunità energetiche saranno di grande utilità anche alle imprese. “Si ha la possibilità di assicurare energia a un prezzo conosciuto e fisso per quindici o vent’anni a seconda delle modalità contrattuali”. Lo stesso vale per gli ospedali, strutture particolarmente energivore. “Auspico investimenti sui parcheggi degli ospedali, così come di tutte le strutture pubbliche, per realizzare impianti fotovoltaici che mettano a disposizione l’energia a prezzi convenienti”.
Il comma 4 prevede protocolli d’intesa e collaborazione con i gestori di rete, il GSE (Gestore dei Servizi Energetici), il Ministero della Cultura, l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), per facilitare l’interlocuzione tra promotori delle comunità e referenti istituzionali. L’articolo 5 prevede infine la creazione di un tavolo tecnico che rappresenti tutte le parti in gioco.
“Quando ho cominciato a lavorare sul tema avevo vent’anni e più capelli” rivela Lorenzoni. “Era la mia tesi di dottorato e non mi sarei aspettato di trovarmi a Palazzo Ferro Fini (sede del consiglio regionale, ndr) ad assistere all’approvazione di un progetto che mi sta così a cuore. Confido che questo provvedimento sia il primo di una serie in cui la Regione Veneto possa mettere in atto scelte chiare di indirizzo della politica energetica con una visione lucida. In questa prospettiva accelerare la diffusione delle Comunità di Energia Rinnovabile è molto più efficace che riattivare i pozzi di gas in Adriatico” sottolinea Lorenzoni, “così come creare percorsi facilitati per la costruzione di impianti a fonti rinnovabili sul territorio con altri inquadramenti contrattuali. Facciamo attenzione a non inseguire modelli industriali ormai vecchi e obsoleti. Spingiamo le nuove opportunità dal punto di vista industriale perché questo chiede il nostro territorio”.