Generazione distribuita: come cambia il mondo dell’energia
Aula Magna al Bo
21.03.2023
Il sistema energetico sta cambiando. Grazie alla diffusione della produzione da fonti rinnovabili e alla digitalizzazione del controllo, la rete elettrica sta passando da una struttura rigidamente centralizzata a un sistema integrato, in cui ogni operatore assume ruoli diversi: di produzione, di consumo, di accumulo, di scambio. Al contempo stanno nascendo tantissime opportunità per ridurre i costi per chi consuma, così come nuovi modelli di business per chi opera.
L’incontro del 22 marzo in Aula Magna al Bo, organizzato dal Centro Interdipartimentale Levi Cases insieme all’associazione studentesca LEDS, L’Energia degli Studenti, è stata un’occasione di confronto e di conoscenza per quanto riguarda la transizione energetica e la piccola generazione.
Come ha ricordato Alessandro Arena di ARERA, secondo i dati 2019 di Terna e GSE, in Italia esistono 895 000 impianti di generazione distribuita, equivalenti a circa 33 GW di potenza installata. Di questi, circa 20 GW sono di fotovoltaico e quasi 5 GW di eolico, pari al 27% della potenza totale installata (120 GW), che producono circa 70 TWh, ovvero il 23,7% della produzione totale (294 TWh). La gran parte della generazione distribuita, che riguarda impianti a bassa o media tensione, è in nord Italia, con l’eccezione di Puglia e Sicilia.
Il cambiamento che sta investendo il sistema energetico riguarda diversi aspetti. La mobilità viene sempre più concepita come un servizio e non come un bene privato. Si pensi ad esempio alla shared mobility (mobilità condivisa) o a un futuro con i veicoli elettrici a guida autonoma: grandi soggetti gestiranno interi parchi auto che verranno ricaricate in pochi snodi, i quali saranno grandi punti di accumulo energetico. Bisogna vedere tutto in modo integrato.
Il mondo dell’energia va concepito sempre più come un servizio. La rete non è più un albero rovesciato che dal grande produttore distribuisce energia al consumatore. La produzione di energia è, e sarà sempre di più, diffusa e condivisa, grazie a diversi nuovi strumenti.
Innanzitutto grazie alle rinnovabili che, come il fotovoltaico, sono la fonte di generazione di energia economicamente più vantaggiosa sul mercato. Questo comporta una piccola grande rivoluzione rispetto solo a pochi anni fa, ovvero che ambiente ed economia non sono più alternative mutualmente esclusive: oggi scelte vantaggiose da un punto di vista ambientale lo sono anche sul piano economico.
A propria volta questo genera anche un cambiamento della struttura economica del settore dell’energia. Le economie di scala hanno prodotto grandi centrali, come quella di Porto Tolle da 2,6 GW. Oggi non abbiamo più bisogno di questa grande produzione centralizzata, non solo perché le centrali più piccole, da 300 MW, sono molto più efficienti, ma soprattutto perché la generazione di energia è un processo distribuito e partecipato.
Se le economie di scala non ci saranno più di conseguenza cambierà anche il mondo della finanza connesso all’energia: dal movimento di grandi capitali si passerà a piccoli investimenti localizzati. Tutto sarà più piccolo e più flessibile.
In questo scenario cambia anche il ruolo del consumatore, che diventa un soggetto attivo. Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono un modo intelligente di coinvolgere i consumatori e i contratti PPA (Power Purchase Agreement) sono un buono strumento: si tratta di contratti tra privati (ad esempio un’impresa e un produttore di energia) per l’acquisto di elettricità a un prezzo fisso e per un tempo concordato. Anche una Pubblica Amministrazione, che oggi spende il doppio per l’energia elettrica rispetto a un anno fa, può fare un PPA, far installare ad esempio pannelli fotovoltaici in un parcheggio e comprare l’energia così prodotta a prezzo fisso per 20 anni. Lo stesso vale per le attività commerciali: 2 anni fa un negozio pagava 7 centesimi l’energia elettrica, oggi la paga 35 centesimi (a kW/h). Anche la soluzione “Plug and Play” oggi è interessante: pannelli da 350 W o meno non necessitano di installazione, si possono mettere sui balconi di casa e il costo è relativamente basso.
Le CER sono fattibili con una cabina primaria fino a 1 MW, da cui i partecipanti possono ritirare energia secondo quanto stabilito. Questi sistemi si possono applicare anche al mondo agricolo che può diventare protagonista della transizione. L’accoppiata fotovoltaico, pompa di calore per il riscaldamento e auto elettrica per gli spostamenti diventa una soluzione molto interessante e conveniente.
In un tale sistema occorrerà cedere l’energia prodotta in eccesso e immagazzinarla in sistemi di accumulo da cui altri potranno attingere. Ma chi farà l’investimento in questo sistema di accumulo? Bisognerà capire qual è il soggetto che meglio possa ricoprire questo ruolo, a seconda di come è organizzata la rete e di conseguenza di come è organizzato il mercato ad essa associato. Molto importante ad esempio sarà la figura dell’aggregatore, che potrà essere un’impresa fornitrice di energia, oppure un operatore nell’ambito del fotovoltaico, ma anche solo un software intelligente, che crea valore dalla gestione intelligente delle risorse: nel momento in cui cresce l’intermittenza della rete, la gestione intelligente dei flussi di energia permette di evitare sprechi e garantisce la fornitura di energia. Ecco che la figura dell’aggregatore che mette in connessione tra loro soggetti diversi con esigenze diverse diventa fondamentale. Naturalmente bisogna rendere profittevole questo lavoro.
L’installazione di apparecchiature all’avanguardia, come i nuovi contatori intelligenti Open Meter, permettere non solo di aumentare l’efficienza energetica, ma anche di monitorare meglio la rete per prevenire guasti, con una conseguente diminuzione della tariffa per l’utente. Come hanno ricordato Fabrizio Callari e Giovanni Muratore di E-Distribuzione, questo avviene attraverso una mole di dati che il contatore rileva e trasmette all’utility, come curve di carico giornaliere a intervalli di un quarto d’ora e comunicazioni real-time a banda larga.
L’obiettivo nazionale è di installare altri 70 GW di rinnovabili entro la fine del decennio: questo si può fare solo con un opportuno adeguamento della rete. Occorre una digitalizzazione della domanda, per rendere la rete intelligente, il che dà opportunità di lavoro straordinarie. Per far questo servono investimenti. Nel 2021 nel mondo sono stati spesi 800 miliardi di dollari per la transizione energetica, secondo l’International Energy Agency dovremo arrivare a una spesa di 2400 miliardi di dollari l’anno se vogliamo rispettare gli impegni di neutralità carbonica per il 2050. Anziché spendere miliardi per gas, spendiamoli per imprese sul territorio. Invece che estrarre 3 miliardi di metri cubi di metano all’anno dall’Adriatico, organizziamo la filiera del biometano, che darebbe fino a 10 miliardi di metri cubi. Alcuni industriali però nell’ottica di farsi dare 200 milioni dal governo accettano soluzioni per loro più semplici ma meno utili.
C’è chi dice che carbone e gas non saranno mai sostituibili dalle sole rinnovabili. Negli anni ‘90
si diceva che l’eolico non sarebbe mai arrivato a più del 5% di penetrazione della rete, oggi la Danimarca è al 50%. Poi si può produrre idrogeno con l’energia in eccesso, verosimilmente continueranno a servire combustibili per aerei e navi, ma la sostituzione è fattibile, anche se non in un anno, con reti di trasmissione interconnesse tra loro. Si parla addirittura di una rete globale, che permetta di avere produzione da fotovoltaico continua. Si può avere produzione 100% rinnovabile intermittente e interconnessa, con collegamenti in corrente continua.
Serve una rete di distribuzione e di interconnessione. Terna ha già piani di sviluppo di raddoppio di linea. I costi impatteranno sul consumatore, è vero, ma impatteranno molto meno rispetto a quanto impatterebbero se mantenessimo i combustibili fossili, i cui prezzi sono alle stelle.